MARCEL DUCHAMP – La realtà quotidiana elevata a suprema arte
Nel 1917, Marcel Duchamp presentò alla Society of Indipendent Artists l’opera che lo avrebbe reso il più celebre e poliedrico tra gli artisti della prima metà del ‘900. Anticipando la provocazione che la sua stessa “Fontana” si sarebbe prestata a diventare ben presto in tutto il mondo, Duchamp decise di vestire egli stesso i panni di “Mr. Mutt”, diventando per primo la provocazione per eccellenza. Infatti l’artista dimostrò ai giudici che, rifiutando l’opera di un autore sconosciuto e privo di alcuna referenza, essi avevano bocciato molto più di un antiestetico orinatoio. Quella che sembrava inizialmente un’opera insensata, e per alcuni persino un’offesa all’arte di stampo tradizionalista, rappresentava per Marcel Duchamp un modo d’intendere l’essenza della vita e dell’arte.
Egli stesso rilasciò alla stampa del tempo alcune dichiarazioni che spiegassero il proprio intento nel presentare come opera d’arte al pari delle altre un orinatoio capovolto. “La pittura non dovrebbe essere solamente retinica” – termine con cui Duchamp intendeva il trarre piacere estetico da un’opera che non necessita alcuna interpretazione – “dovrebbe aver a che fare con la materia grigia della nostra comprensione, invece di essere puramente visiva”, affermò l’autore. Sostanzialmente, egli recriminava all’arte del secolo a lui precedente la totale mancanza della componente riflessiva. “Sono stati retinici perfino i cubisti”, asserì Duchamp, ammettendo che gli unici ad avvicinarsi alla libertà dal giudizio puramente estetico dell’arte furono Surrealisti e Dadaisti.
Di questi pilastri delle avanguardie storiche che rivoluzionarono l’arte del XX secolo tratteremo in altra sede, perché le opere apparentemente insensate di Marcel Duchamp nascondevano all’occhio “sopito” un universo totalmente differente da quello offerto fino ad allora al pubblico. La rivoluzione di pensiero e dell’arte felicemente attribuita a quest’artista è senza dubbio quella del “ready-made”, di cui è massima espressione proprio la “Fontana”. Letteralmente, l’espressione sta per “pronto-fatto” ed indica un prodotto già confezionato per una propria funzione, che viene totalmente annullata dalla rifunzionalizzazione attuata dall’artista.
Il fulcro di questo nuovo approccio alla materia sta nel reinventare oggetti comuni e sottovalutati, secondo l’artista. Perché possano essere elevate ad opera d’arte, tali entità devono essere decontestualizzate, ovvero astratte dalla propria realtà e dalla funzione legata ad esse. Questa astrazione pone l’oggetto in riflessione: lo stesso capovolgimento di quello che sembra un comunissimo orinatoio rappresenta il capovolgimento dell’intera realtà che circonda quello stesso oggetto nel suo contesto.
Fu questo uno dei concetti più difficilmente accettati dai critici del tempo, che furono restii ad accettare quella che oggi è considerata la genialità di Duchamp. Egli fu autore di moltissime opere, tra le quali anche dipinti, che egli preferì non privilegiare perché restava convinto che la vera arte fosse insita nella materia tangibile, piuttosto che in una mera rappresentazione di essa. Resta, comunque, di fama mondiale e di grande prestigio l’opera “L. H. O. O. Q.”, meglio conosciuta come la celebre Gioconda con i baffi, ma il cui vero titolo corrispondeva in francese a: “Elle a chaud au cul “. Questa, la prima provocazione dell’opera, poiché la traduzione di quest’espressione è sostanzialmente: “Lei è eccitata”.
E’ importante, tuttavia, capire che tale ardire non fu per Duchamp occasione di scherno verso il grande Leonardo, autore dell’originale dipinto sulla Gioconda: la rivoluzione che il genio concepì nel primo ‘900 concepiva la tradizione come principale punto di partenza per l’innovazione. Non a caso, Duchamp applica un dettaglio come i baffi su un’opera già di per sé grandiosa, sdrammatizzandone la solennità, ma mai sfigurandola. Peraltro, questo dipinto è per antonomasia l’acme del ready-made: quello di tipo rettificato. Esso consiste nel dare nuova funzione all’oggetto precedentemente decontestualizzato: ne è un esempio più intuitivo la “Ruota di bicicletta” tolta alla propria funzione motrice e unita ad uno sgabello, opera che perde palesemente la propria esteticità in senso classico ed si carica di grande potere interpretativo.
Le critiche che furono mosse a Duchamp ed al suo rivoluzionario modo di pensare l’arte riguardarono principalmente l’idea che qualsiasi oggetto di vita quotidiana potesse essere pensato opera d’arte alla stregua della opere dei grandi artisti di ogni tempo. Soprattutto, Duchamp sembrò insinuare che chiunque potesse dirsi artista semplicemente applicando le norme del ready-made. Queste prospettive portarono a screditare il cambiamento che egli intendeva proporre alla società francese contemporanea ed a crederlo un ciarlatano.
Nonostante la profonda comprensione che la critica fornisce al pubblico odierno dell’arte di questo “mito”, le opere di Marcel Duchamp continuano a nascondere molto più della banalità di un discorso sul superamento dell’ovvio o sulla necessità di riflessione sul mondo. Era proprio quest’approccio che egli volle superare con la propria provocazione: una messa in discussione talmente ampia da non poter essere davvero limitata in un unico schema di pensiero, perché è proprio questo metodo di conoscenza che Duchamp intense distruggere. “Intendo spingere l’idea di dubbio di Descartes molto più lontano di quanto abbiano mai fatto nella scuola cartesiana”, rivelò l’artista.